Se esaminiamo le registrazioni musicali con un analizzatore spettrale, rileviamo pochissimo della bellezza della musica. Non c’è nulla di intrinsecamente bello o brutto, felice o triste nelle note di per se stesse. Quando vengono percepite dall’orecchio umano, analizzate nell’apparato uditivo e presentate alle aree del cervello interessate alla memoria, alle emozioni, ai modelli e ai movimenti fisici, sperimentiamo certo qualcosa di totale, ma meravigliosamente intangibile.Che cosa ce ne facciamo dei modelli di vibrazione dell’aria, percepiti come tono, ritmo e armonia che evocano risposte emotive? I campi scientifici della psicoacustica e della neuroscienza uditiva hanno iniziato a svelare come la musica influenzi il cervello e faccia nascere esperienze soggettive. Tuttavia, per capire a fondo le ragioni del perché la musica sia un spetto così profondo e radicato della condizione umana, è necessario rifarsi alle teorie degli antropologi, degli psicologi e degli scienziati dell’evoluzione.
Lo scopo della musica
Lo scopo ultimo della musica è stato discusso fin da quando ne scrisse Charles Darwin e rimane comunque controverso. Tra le numerose opinioni, sono due le argomentazioni che dominano attualmente la questione. Steven Pinker, scienziato cognitivo e grande divulgatore, nel suo libro How the Mind Works (W W Norton, 2009) afferma che la musica non è stata solo un motore dell’evoluzione umana. Usa la etafora el “cheesecake uditivo” per descrivere come la musica riesca a creare gioia e consenta la comunicazione cavalcando i nostri sistemi linguistici. Secondo Pinker, la musica gratifica il nostro sistema linguistico esattamente come il cheesecake stimola al massimo il nostro gusto per gli zuccheri e i grassi, scarsi nella dieta dei nostri antenati. Secondo questa argomentazione, il linguaggio è una facoltà della mente he evolve, perché ha degli ovvi vantaggi per la vita sociale dei primati. La musica, asserisce Pinker, si spiega meglio come prodotto accessorio del linguaggio, non avendo un vantaggio chiaro in sé.